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Costantino Canicetti (Colorno, 30 novembre 1596 – Colorno, 2 agosto 1674)

Le notizie biografiche sul Canicetti sono alquanto scarse. Le fornisce in modo succinto la sua Memoria. Si sa che morì all’età di quasi 78 anni e fu sepolto nella chiesa di Santa Margherita di Colorno, alla sinistra della porta d’ingresso, come era usanza per le persone di un certo rilievo. Fece parte del capitolo dei canonici addetto alla chiesa collegiata di Santa Margherita istituito nel 1664. I benefici, consistenti in donazioni di terreni le cui rendite dovevano servire al mantenimento dei canonici e all’esecuzione delle funzioni religiose, erano stati istituiti dalla Compagnia del Santissimo Sacramento. Tra i lasciti incamerati, uno dei più cospicui fu quello inerente l’eredità di Filippo Cardinazzi: in conseguenza di ciò, il Canicetti si assunse il compito di officiare una messa quotidiana per trentadue anni in memoria del benefattore. La Memoria del Canicetti costituisce il più importante documento per la storia di Colorno nel Seicento sia per l’ampiezza cronologica delle vicende narrate, che vanno dal 1618 al 1674, sia per la scarsità di altre fonti pervenute. Il diario riserva al lettore un’enorme quantità di notizie necessarie per conoscere usanze, tradizioni, modi di parlare e scrivere del Seicento.

FONTI E BIBL.: Dizionario biografico dei Parmigiani

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Giuseppe Boccaccio – (Colorno, 1790 – Parma, 5 febbraio 1852)

Dimostrò fin da bambino notevole attitudine al disegno, suscitando l’interesse del duca di Parma Ferdinando II di Borbone, che volle aiutarlo nello studio della pittura. L’Infante Ferdinando però morì nel 1802, e fu Salvatore Balzari a farlo continuare negli studi. Il Boccaccio divenne noto soprattutto come paesaggista. Nel 1817 l’Accademia di Belle Arti di Parma lo nominò accademico d’onore e nel 1819 la duchessa Maria Luigia d’Austria lo scelse come suo maestro di pittura e contemporaneamente lo nominò scenografo del Teatro Ducale di Parma. Come maestro e consigliere artistico di Maria Luigia, seguì la sua protettrice nei suoi numerosi viaggi, in Austria (nel 1820 fu a Vienna), in Italia (nel 1830 fu a Roma), in Svizzera e in Germania ed eseguì per la sua allieva numerosi dipinti, in particolare acquerelli (suoi volumetti di vedute e impressioni sono nella Biblioteca Palatina di Parma). Nel 1821 il Boccaccio fu nominato dall’Accademia di Belle Arti professore consigliere con voto e destinato all’insegnamento di paesaggio. Nella sua attività pittorica, in genere, scelse come soggetti fiori e paesaggi, solo animati a volte da figurette romantiche del tutto subordinate all’ambiente naturale, secondo il gusto dell’epoca. Anche come pittore di teatro si dedicò esclusivamente alla scenografia paesaggistica

Nel 1844 mandò all’Esposizione di Belle Arti di Milano un Ritorno di Linda da Chamonix e un Episodio della guerra di Russia e l’anno dopo una Veduta boschereccia negli Appennini, che potrebbe identificarsi con Attraverso l’Appennino parmense, firmato, esposto alla mostra retrospettiva del paesaggio parmense dell’Ottocento (Parma, 1936, p. 10 del catalogo). Alla Galleria Nazionale di Parma sono conservati due paesaggi del Boccaccio. Due grandi tele con cavalli sono presso l’Istituto d’Arte, una Caccia (attribuitagli) è all’Accademia di Belle Arti di Parma. Nel Museo Glauco Lombardi di Parma è conservata una Veduta di Velleia (acquerello, catalogo, p. 27). Il Boccaccio fu considerato dai contemporanei uno dei migliori scenografi e un importante maestro della nuova generazione, anche se, alieno dal neoclassicismo, non si allontanò mai dal gusto romantico né aprì nuovi orizzonti alla scenografia del suo tempo. Suoi allievi furono G. Magnani (che gli successe alla Scala) e A. Fontanesi. Alla sua scuola si formarono la duchessa Maria Luigia e i pittori Giuseppe Drugman, Giuseppe Alinovi, Luigi Marchesi, Erminio Fanti, Giacomo Giacopelli, Pasquale Domenico Cambiaso e Alberto Pasini.

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Karl Barwitius (Boemia – post 1838)

Il Barwitius si dedicò dal 1807 al 1810 allo studio dell’arte del giardinaggio presso il Gran Giardino Tochnisch a Gratz, in Austria, diretto dal capo giardiniere Johann Wenzel Frodisch. Alla fine di questi tre anni gli venne rilasciato l’attestato di giardiniere, che gli permise di entrare al servizio della duchessa Maria Luigia d’Austria. Il Barwitius, membro della Società d’Orticoltura di Londra, giunse a Parma nel 1816 al seguito della Duchessa, in veste di direttore del giardino di Colorno. Egli, in collaborazione con il direttore dei boschi e serragli e capocaccia di Sua Maestà Antonio Linhart, allestì tra il 1816 e il 1838 i giardini ducali di Colorno, Sala (Casino dei Boschi) e Collecchio (Ferlaro), mentre il giardino ducale di Parma fu affidato alle cure di Michele Oranger, direttore dei regi giardini. Il Barwitius, seguendo i presupposti culturali che stanno alla base del giardino paesistico inglese, introdusse nel paesaggio originario del giardino di Colorno notevoli modifiche di carattere naturalistico e idrografico. Osservando le planimetrie redatte dal Barwitius, si può notare come esse rispecchino la tipica iconografia del giardino ottocentesco basata sulle teorie romantiche della pittura, dalla quale egli trasse i simboli da utilizzare nella fase progettuale del giardino. Il Barwitius fu autore del Catalogo delle piante del giardino di Colorno (Parma, 1825).

(FONTI E BIBL.: P.A. Saccardo, Botanica in Italia, 1895, 23; Aurea Parma 1 1993, 12-13)

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Luigi Mora, “paglista” (Colorno, 15 marzo 1886 – Colorno, 8 dicembre 1956)

Nacque a Colorno il 15 marzo 1886, per guadagnarsi da vivere lavorava come operaio lattoniere e vetraio con lo zio materno Domizio Delfrate. Fu il primo “paglista” italiano: nelle ore di libertà e in quelle sottratte al riposo, con costanza e pazienza, aveva inventato un metodo per l’esecuzione di finissimi ricami artistici con la paglia di frumento. 

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Pier Luigi Belloni (Colorno, 9 novembre 1764 – Colorno, 11 marzo 1836)

Nacque a Colorno da Giovan Battista e da Rosa Gandolfi  il 9 novembre 1764. Abitava in paese in via alla Venaria 104. Fu educato nel Collegio Lalatta di Parma. Viaggiò in Italia visitando molte province. Dal padre ereditò numerosi immobili soprattutto nel territorio colornese. Partecipò attivamente alla vita sociale del suo paese ricoprendo cariche importanti quali presidente della Commissione di Sanità e Soccorso e fu amministratore dell’ospedale San Mauro. Con la moglie Luigia Pecora conduceva una vita molto agiata, purtroppo non allietata dalla nascita di eredi. E forse per questo motivo, ed essendo anche molto religioso, si interessò di chi era povero, non istruito ed emarginato. Nel 1828 donò alla comunità 110.000 lire nuove e due sue ampie case al fine di fondare un pubblico Ginnasio denominato “Ginnasio gratuito Belloni per li maschi de’ tre comuni di Colorno, Torrile e de’ Mezzani e per le femmine del primo fra detti comuni”, un’istituzione che faceva di Colorno un paese all’avanguardia nel campo dell’istruzione, una realizzazione di altissimo livello e valore per un borgo rurale come Colorno. Di cultura illuminista, acquistò dal conte Filippo Magawli Cerati un’aristocratica biblioteca composta allora da 8.000 volumi. Nel 1834 donò altre 90.000 lire da erogare in beneficenza. Per questi atti di generosa liberalità, fu onorato da Maria Luigia d’Austria col conferimento della Croce di Cavaliere Costantiniano. A suo ricordo fu eretto un monumento in chiesa e col suo nome furono intitolate la biblioteca e la scuola media di Colorno. Morì a Colorno l’11 marzo 1836.

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Alfredo Leonardo Edel (Colorno, 15 maggio 1856 – Boulogne-sur-Seine, 1912)

Fu pittore, costumista e illustratore, nacque a Colorno il 15 maggio 1856. La sua famiglia, di origine alsaziana, era composta da artisti:il padre Leopoldo era un pittore dilettante, il fratello Vittorino un figurinista e la sorella Adele una pittrice professionista. Ma la famiglia si vantava in particolare della discendenza da Giuseppe Naudin, celebre miniaturista, maestro di pittura della duchessa Maria Luigia d’Austria, che in seguito divenne regio pittore alla corte di Vittorio Emanuele II. Ebbe una brillante carriera come costumista teatrale alla Scala di Milano e collaborò con i maggiori teatri europei, grazie alla sua creatività fu considerato tra gli innovatori del teatro italiano di fine secolo. È sepolto a Boulogne-sur-Seine dove morì nel 1912.

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Timoteo Riboli (Colorno, 24 gennaio 1808 – Torino, 15 aprile 1895)

“Non ci sono domestici in casa Garibaldi, tutti si servono e si aiutano reciprocamente.”  

La citazione è del conte Timoteo Riboli, medico di Giuseppe Garibaldi, che frequentava la sua casa.             

Riboli nacque a Colorno il 24 gennaio 1808 e morì a Torino il 15 aprile 1895. Fu medico, patriota, scrittore e poeta. Partecipò alla Seconda guerra d’Indipendenza, durante la quale divenne medico di Garibaldi di cui era anche grande amico. Lo seguì fedelmente e lo curò in diverse circostanze tra cui quella della celebre ferita alla gamba. La tempestività dell’intervento del colonnello medico dottor Riboli gli salvò la vita. Nel bollettino medico si legge: “In seguito all’esame, tutti i medici presenti ammettono che la lesione del generale Garibaldi è una ferita da palla di fucile penetrante nell’articolazione tibio-tarsale con frattura del malleolo interno. Per la gravità della ferita si conclude di non esser tempo di cercare la palla. Se vi fosse, si cercherà di estrarla tra un mese. Ma qui ora occorrono bende, sfilacce e sanguisughe per la medicazione del ferito.” Garibaldi gli regalerà in segno di riconoscenza la sua sciabola che ora è conservata nella casa comunale di Colorno. Fu il fondatore della società Nazionale per la Protezione degli Animali che costituì con lo stesso Garibaldi. 

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Glauco Lombardi

Nato a Colorno il 28 ottobre 1881, Lombardi compì gli studi classici conseguendo nel 1907 l’abilitazione all’insegnamento della storia dell’arte, pur non esercitando mai la professione di insegnante; dal 1945 al 1955 fu preside dell’Istituto d’Arte di Parma intitolato a Paolo Toschi.
A soli 16 anni iniziò a praticare la fotografia, attività cui si dedicò con costanza, raggiungendo risultati di elevato dilettantismo; restano degni di nota i servizi realizzati nel 1915 sugli ospedali militari di Parma e Noceto, sul manicomio di Colorno e sull’ospedale della Croce Rossa di Parma. Per anni fu corrispondente del quotidiano “Il Resto del Carlino”. Al 1900 risalgono le sue prime ricerche sugli edifici monumentali di Colorno, che sfociarono, nel 1904, nella monografia sulla Reggia intitolata “La Versailles dei Farnese”. La sua battaglia culturale per un degno recupero della residenza colornese dei Duchi di Parma non conobbe esitazioni. I numerosi interventi pubblicati sulle pagine di “Aurea Parma”, la rivista da lui fondata con Giuseppe Melli nel 1912, testimoniano il suo impegno nel rintracciare e rivendicare la restituzione degli arredi asportati per volere dei Savoia da Parma e Piacenza. Le sue ricerche archivistiche lo portarono a notevoli scoperte ed importanti recuperi di opere d’arte e testimonianze storico-documentarie, in particolare sulle figure di Maria Luigia d’Austria e Napoleone Bonaparte. Il primo grande nucleo della sua raccolta, ospitato nel Palazzo Ducale di Colorno dal 1915 al 1943, si arricchì considerevolmente nel 1934, a seguito dell’acquisto, presso il conte Giovanni Sanvitale, di numerosi oggetti appartenuti a Maria Luigia e da questa lasciati in eredità alla figlia Albertina Montenuovo Sanvitale.
Nel 1925 aveva avuto particolare rilievo l’ingresso nelle sue collezioni di un importante nucleo di disegni dell’architetto Petitot; fu invece graduale l’acquisizione di opere e documenti legati all’incisore Paolo Toschi, cui nel corso della sua vita Lombardi dedicò ben due mostre.

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Glauco Lombardi (Colorno, 28 ottobre 1881 – Colorno, 28 luglio 1970)

Nato a Colorno il 28 ottobre 1881, Lombardi compì gli studi classici conseguendo nel 1907 l’abilitazione all’insegnamento della storia dell’arte, pur non esercitando mai la professione di insegnante; dal 1945 al 1955 fu preside dell’Istituto d’Arte di Parma intitolato a Paolo Toschi.
A soli 16 anni iniziò a praticare la fotografia, attività cui si dedicò con costanza, raggiungendo risultati di elevato dilettantismo; restano degni di nota i servizi realizzati nel 1915 sugli ospedali militari di Parma e Noceto, sul manicomio di Colorno e sull’ospedale della Croce Rossa di Parma. Per anni fu corrispondente del quotidiano “Il Resto del Carlino”. Al 1900 risalgono le sue prime ricerche sugli edifici monumentali di Colorno, che sfociarono, nel 1904, nella monografia sulla Reggia intitolata “La Versailles dei Farnese”. La sua battaglia culturale per un degno recupero della residenza colornese dei Duchi di Parma non conobbe esitazioni. I numerosi interventi pubblicati sulle pagine di “Aurea Parma”, la rivista da lui fondata con Giuseppe Melli nel 1912, testimoniano il suo impegno nel rintracciare e rivendicare la restituzione degli arredi asportati per volere dei Savoia da Parma e Piacenza. Le sue ricerche archivistiche lo portarono a notevoli scoperte ed importanti recuperi di opere d’arte e testimonianze storico-documentarie, in particolare sulle figure di Maria Luigia d’Austria e Napoleone Bonaparte. Il primo grande nucleo della sua raccolta, ospitato nel Palazzo Ducale di Colorno dal 1915 al 1943, si arricchì considerevolmente nel 1934, a seguito dell’acquisto, presso il conte Giovanni Sanvitale, di numerosi oggetti appartenuti a Maria Luigia e da questa lasciati in eredità alla figlia Albertina Montenuovo Sanvitale.
Nel 1925 aveva avuto particolare rilievo l’ingresso nelle sue collezioni di un importante nucleo di disegni dell’architetto Petitot; fu invece graduale l’acquisizione di opere e documenti legati all’incisore Paolo Toschi, cui nel corso della sua vita Lombardi dedicò ben due mostre.

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Luigi Mora, “paglista”

Nacque a Colorno il 15 marzo 1886, per guadagnarsi da vivere lavorava come operaio lattoniere e vetraio con lo zio materno Domizio Delfrate. Fu il primo “paglista” italiano: nelle ore di libertà e in quelle sottratte al riposo, con costanza e pazienza, aveva inventato un metodo per l’esecuzione di finissimi ricami artistici con la paglia di frumento. Nel Gran Libro D’oro è descritto come «un simpatico giovane, esempio di instancabile lavoratore, di ammirevole gusto artistico che a pochi è dato di possedere». La sua arte si configura in 12 tavole divise in tre parti ingegnosamente ideate e combinate: la prima dà i preliminari riguardanti la paglia, la seconda tratta l’intreccio e la terza riguarda l’intarsio, sistema di lavorazione paglistica fissato in un libro di sua pubblicazione, adottato come lavoro manuale dalla Scuola “Corso Magistrale” di Rimini. Era il fratello del pittore Dino che amava chiamare “il mio disegnatore” in quanto era lui che gli forniva la base per la creazione dei disegni su tavole, lavorati ad intreccio ed intarsio con paglia di frumento di Firenze: una paglia priva di nodi e quindi per sua natura adatta a questo tipo di lavorazione. Fu artista di valore, ma anche ottimo cittadino. Non potendo partecipare attivamente alla difesa della patria perché riformato, si rese utile arruolandosi volontariamente nel Cantiere Aeronautico Ansaldo di Borzoli a mare in qualità di lattoniere. Nei numerosi articoli di giornale che lo onorano, si apprende che il cavalier Luigi esegue, anche su commissione, lavori in paglia che vengono poi offerti in voto, a diversi Santuari. In onore dei caduti colornesi della seconda guerra mondiale, realizzò due quadri celebrativi, oggi conservati nell’Archivio Storico del Comune di Colorno. Luigi Mora morì a Colorno l’8 dicembre 1956, riposa nel cimitero locale a fianco della moglie Pierina Ghezzi e dei figli Dino e Rosetta.

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